mercoledì 19 agosto 2015

La mia ultima avventura... NEL MONDO DI EL SALVADOR!!

Stare al mondo o stare nel mondo?


El Salvador è un piccolo fazzoletto di terre montagnose e vulcaniche arse dal sole centroamericano che si adagiano sull’oceano pacifico.



Il paese è lacerato da una guerra civile interna durata circa un decennio a cavallo degli anni 80 e 90: le violente ostilità, caratterizzate dal martirio di diversi fedeli cristiani, tra cui l’uccisione durante una celebrazione di Monsignor Romero (arcivescovo salvadoregno recentemente beatificato), hanno cancellato parte della tradizione salvadoregna, che rimane viva solo in remoti angoli della regione.





La mia avventura inizia con l’arrivo a San Salvador, capitale del paese centroamericano, dove dilaga la corruzione politica e la violenza dei narcotrafficanti: queste zone sono considerate tra le più pericolose al mondo in tempo di pace!


La capitale è presidiata dalla polizia. Esco solo accompagnato da locali. I "gringo" sono facili obiettivi per la malavita ... delle vere e proprie "mosche bianche"! In San Salvador assisto, durante il giorno, ad arresti, inseguimenti (anche in elicottero) delle forze di sicurezza e ad una “visita” della polizia in assetto anti sommossa durante una cerimonia in Cattedrale.
In cripta le celebrazioni sono molto “originali”...non mancano bandiere palestinesi e l’icona di Chavez, ex presidente venezuelano.

Sercoba è l’associazione salvadoregna che mi ospita; è nata per volere della Signora Mariella, missionaria laica italiana, e Padre Tilo, sacerdote salvadoregno, coadiuvati da vari collaboratori locali (chiamati promotori).

L’associazione si occupa di educare e coscientizzare le persone salvadoregne su importanti temi socio-culturali (il diritto all’acqua pubblica, l’ecologia, l’educazione alimentare, la medicina naturale, progetti di appoggio all’economia delle famiglie). In questa foto, manifestazione davanti al parlamento per il diritto all’acqua.
Grazie a Sercoba, ho il privilegio di essere ospitato da alcune famiglie di due comunità, in Llano de la Virgen e San Francisco, piccoli villaggi dell’entroterra salvadoregno raggiungibili dopo molte ore di bus o di auto anche su strade non asfaltate.

In queste piccole comunità si respira un’aria di serenità e tranquillità, molto diversa dalla capitale; non ci sono bar, locali, ristoranti, supermercati, farmacie. Solo una chiesa, una scuola e le abitazioni dei contadini fatte in muratura e lamiera, tutte dotate di un piccolo cortile con qualche pianta da frutto, qualche animale (cani, gatti, galline, oche, maiali) e (ahimè) diversi rifiuti sparsi un po’ ovunque.




Le famiglie che mi ospitano si dimostrano fin da subito molto disponibili: in questo contesto, il poco diventa molto.


Queste comunità vivono coltivando mais e fagioli e allevando qualche animale.




Qui non esistono negozi ma alcune famiglie fungono da piccolo market; è insolito entrare in una casa, aprire il frigo, prendere quel che si desidera e pagare. E per la sera non ci sono locali, birrerie, ristoranti, cinema: l’unica vera alternativa ad un falò notturno sono alcune famiglie che preparano le pupuse (gustose tortillas ripiene di formaggio e fagioli). Questa è vita di comunità!


Vivere con questa gente e come questa gente mi permette di condividere molte cose: il cibo, molto gustoso ma non molto vario (tortillas fagioli mais mango), il dormire nelle loro case, nell’incessante ronzio di insetti e abbaiare di cani, il bagno (a volte è preferibile la fitta boscaglia ), il lavarsi con una semplice ciotola attingendo acqua dalla vasca. Tutte cose che riportano la mia esistenza ad una dimensione più … naturale.


Nelle comunità c’è una scuola elementare; dopo gli 11 anni chi studia deve spostarsi, dopo ore di bus, nei villaggi vicini. I ragazzi delle comunità raramente vanno in capitale e pochi hanno visto l’oceano; di sicuro nessuno di questi ambisce a vivere in una città pericolosa e violenta come San Salvador.

In questi villaggi la gente non pare soffrire di fame, ha di che vestirsi e le case mi sembrano in gran parte dignitose. Una cosa che mi sorprende è che diversi salvadoregni sono ben nutriti e con smartphone di ultima generazione.
L’obesità di questi salvadoregni è legata alla mancanza di cultura alimentare (e forse anche all’atavica ingordigia di chi, storicamente, ha digiunato a lungo) che li porta a mangiare quantità esagerate di carboidrati e proteine (tortillas e fagioli). Le numerosissime catene di fast-food presenti nella capitale ne sono una triste conferma.

E’ così pure per i cellulari. Infatti, osservo diversi giovani costantemente incollati al loro smartphone intenti a messaggiare freneticamente; di alcuni di loro ho solo ricordi e foto con il telefonino in uso. E mi viene da pensare che questi ragazzi di queste sperse comunità salvadoregne vivano, senza colpa, “fuori” dal mondo, in un misto di isolamento geografico ed emarginazione tecnologica. E’ amaro constatare che sembra essere proprio l’”isolamento” tecnologico ad “unire” queste lontane comunità salvadoregne con la realtà da cui provengo.

Con i salvadoregni tento di parlare un po’ di spagnolo, pur non conoscendolo; in qualche modo riesco a cavarmela. D’altra parte la lingua serve per parlare; ma per comunicare - che è ben altra cosa - è necessario conoscere il linguaggio universale dell’umanità. E sarà forse per questo che quando mi perdo nell’animazione con i bimbi, ritrovo tutto più semplice da comprendere.

Mi tuffo così nelle attività di intrattenimento. L’incanto dei più piccoli - e non solo - di fronte ai palloncini, alle bolle di sapone giganti e al paracadute (un ampio telo circolare colorato) mi convince, ancora una volta, che quando smetterò di giocare non diventerò più adulto ma sarò solamente più spento.


Alle attività di intrattenimento alterno i giochi di gruppo che propongo con materiale di riciclo; trovo vecchi giornali, cucchiai di plastica, vecchie palline, elastici, bottiglie di plastica e spaghi da cui trarre spunto… non conta con cosa giochi ma come lo fai.




Nelle mie varie esperienze di animazione nel mondo, il gioco sembra unire proprio tutti… i bimbi, i giovani e gli adulti, in una collaborazione che ogni volta rinnova la mia gioia di stare nel mondo dei piccoli ma anche dei grandi attraverso il gioco.


Nonostante ciò, El Salvador è una mia prima volta.
Per la mia prima volta, infatti, l’esperienza di viaggio ha significato condividere qualcosa di più dell’animazione per i bambini. Ha significato passare diversi giorni e notti come ospite di alcune famiglie di queste comunità. Ha significato avere il privilegio di vivere con la gente e come la gente del posto. Ha significato conoscere Mariella e Padre Tilo, persone che hanno già scritto una piccola grande pagina della storia di El Salvador.
Ed ora capisco che tutto questo, per me, significa qualcosa di più del solo stare al mondo. Significa stare nel mondo. Significa partecipare al girotondo d’anime dell’umanità.

Significa, semplicemente e meravigliosamente, cercare nel mondo, per trovare dentro di sé.

El Salvador, 10 - 26 Aprile 2015

I bambini sanno qualcosa che la maggior parte della gente ha dimenticato.
K. Haring

Nessun commento:

Posta un commento